Tenutasi presso la chiesa Cattolica di San Gennaro all'Olmo, nel centro di Napoli, il prof. Lucio Baglio ha presentato don Mariano Imperato, con la relazione dal titolo "L'accoglienza allo straniero", e il pastore Franco Mayer, con la relazione dal titolo "(IL SIGNORE)... che fa giustizia all'orfano e alla vedova, che ama lo straniero e gli dà pane e vestito".
Qui di seguito le due relazioni:
L'Accoglienza allo straniero" di don Mariano Imperato.
L’Europa si trova oggi di fronte ad una delle più serie crisi umanitarie dalla fine della Seconda guerra mondiale. Centinaia, migliaia di profughi si spostano dal Medio Oriente, dall’Africa e dall’Afghanistan. Non si può fermare l’attuale esodo dal Sud, dal Medio Oriente, se non si fa nulla per fermare i conflitti in corso. Le religioni possono fare molto per la pace. Possono incontrarsi, condividere e lavorare insieme, come si è cominciato a fare. I muri sono il passato, l’integrazione è il futuro.
Papa Francesco, vescovo di Roma, non condivide il rifiuto dei rifugiati (musulmani) in nome della difesa dell’identità cristiana. Lui si è mosso come un semplice cristiano con umanità e concretezza. «I profughi – ha detto - non sono numeri, ma persone». C’è un’umanità che non vuole costruire ponti e si rifugia nella illusione di innalzare recinti per sentirsi più sicura. Ma le barriere creano divisioni e poi scontri.
Noi cristiani dobbiamo riconoscere che troppo ci si è attardati solo in un dialogo ecumenico, diventato ideologico. C’è un ecumenismo da parte dei poveri i quali chiamano i cristiani all’unità.
Domani 3 maggio altri 101 profughi siriani arriveranno da Beirut a Fiumicino, grazie al progetto dei “corridoi umanitari”. Ormai non è più un esperimento, ma una realtà concreta che consente a persone in fuga dalla guerra e in “condizioni di vulnerabilità” di giungere in tutta sicurezza e legalmente, in Italia senza rischiare la propria vita nel Mediterraneo. Ad accoglierli, con Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, ci saranno il pastore Luca Maria Negro presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Paolo Naso della tavola Valdese, Mario Giro, viceministro degli Esteri e Daniela Pompei responsabile servizi immigrazione della Comunità di Sant’Egidio.
In questo contesto vogliamo riflettere sul testo biblico del Deuteronomio, insieme ad altri testi collegati al tema.
Conflitto e fraternità sono i due estremi del vivere gli uni contro gli altri o gli uni con gli altri. Il mondo in cui viviamo, non diversamente da quello descritto dalla Bibbia, si popola con facilità di nemici, gente considerata diversa e quindi nemica del mondo a cui ciascuno è abituato fin dalla nascita. Nei tempi di crisi, come il nostro, è quasi istintivo immaginare di vivere tra nemici reali o potenziali, che di volta in volta possono identificarsi con gli stranieri, con gli zingari, o con i poveri che ci chiedono l’elemosina, infastidendo la nostra fretta e il nostro perbenismo.
Ma veniamo al nostro argomento di questa sera.
Di fronte agli stranieri si hanno sempre delle difficoltà di rapporto, di accettazione e di integrazione. Lo straniero rappresenta l’altro da me, da noi, il diverso, in una società che si è costituita con una cultura, delle leggi e delle abitudini più o meno consolidate.
Spesso lo straniero proviene da situazioni di povertà, di guerra, di persecuzione politica o religiosa. È portatore di elementi culturali e religiosi che lo differenziano rispetto alla società di approdo. Tutto ciò può creare frizione, diffidenza, contrasto con la popolazione autoctona. Almeno in partenza i suoi diritti sono per lo più inferiori rispetto a quelli degli autoctoni, quindi la sua condizione di vita è generalmente precaria.
Non doveva essere diversa la situazione degli stranieri nei tempi della Bibbia. Anche allora le migrazioni erano frequenti, come del resto in ogni stagione della storia. Guerre, carestie, povertà, contrasti sociali e politici rendevano la migrazione un fatto normale in tutto il territorio del vicino Oriente Antico. Per questo la Bibbia si preoccupa frequentemente dello straniero, che facilmente poteva venire considerato una minaccia per la collettività assumendo a volte i tratti del nemico.
Vorrei fermarmi in particolare su alcuni testi del libro del Deuteronomio, che dedica una attenzione speciale alla situazione dello straniero e ai suoi diritti. Siamo in un periodo storico che va dal VII al VI secolo prima di Cristo. Già prima della sua distruzione, e del conseguente esilio a Babilonia, Gerusalemme aveva accolto un buon numero di stranieri provenienti dal regno del Nord occupato dagli assiri nel 721 a. C. Dopo l'esilio a Babilonia la situazione doveva essersi ancor più complicata e differenziata.
La città appariva molto composita. Gli stranieri non erano più solo gli appartenenti alle antiche tribù d'Israele. Tra di essi c'erano anche persone venute da altri paesi. Le continue guerre e le carestie costringevano molti a emigrare o a stanziarsi in un territorio per un certo tempo. La ricorrenza di leggi che invitano a rispettare il diritto degli stranieri fa pensare che la loro presenza doveva suscitare controversie e che essi erano facilmente oggetto di oppressione, disprezzo, emarginazione.
La Bibbia traduce di solito la parola ebraica che indica lo straniero, ger, con «forestiero», anche se si usano diverse parole per indicare quello che noi chiamiamo «straniero». I riferimenti più importanti allo straniero si trovano in Deuteronomio 10,18-19; 24,17-22; 27,19; ma ce ne sono anche altri. Proviamo a leggere i testi:
10,17-19: 17perché il Signore, vostro Dio, è il Dio degli dèi, il Signore dei signori, il Dio grande, forte e terribile, che non usa parzialità e non accetta regali, 18rende giustizia all'orfano e alla vedova, ama il forestiero e gli dà pane e vestito. 19Amate dunque il forestiero, perché anche voi foste forestieri nella terra d'Egitto.
24,17-21: 17Non lederai il diritto dello straniero e dell'orfano e non prenderai in pegno la veste della vedova. 18Ricòrdati che sei stato schiavo in Egitto e che di là ti ha liberato il Signore, tuo Dio; perciò ti comando di fare questo. 19Quando, facendo la mietitura nel tuo campo, vi avrai dimenticato qualche mannello, non tornerai indietro a prenderlo. Sarà per lo straniero, per l'orfano e per la vedova, perché il Signore, tuo Dio, ti benedica in ogni lavoro delle tue mani. 20Quando bacchierai i tuoi ulivi, non tornare a ripassare i rami. Sarà per lo straniero, per l'orfano e per la vedova. 21Quando vendemmierai la tua vigna, non tornerai indietro a racimolare. Sarà per lo straniero, per l'orfano e per la vedova. 22Ricòrdati che sei stato schiavo nella terra d'Egitto; perciò ti comando di fare questo.
27,19: 19«Maledetto chi lede il diritto del forestiero, dell'orfano e della vedova!». Tutto il popolo dirà: «Amen».
Innanzitutto si deve notare che lo straniero è sempre nominato insieme all'orfano e alla vedova. Essi rappresentano una parte della popolazione che vive nella povertà, non sempre e solo economica. Il Deuteronomio annovera anche lo straniero tra i poveri, perché fa comunque parte di coloro che hanno bisogno del sostegno della società in cui vivono.
I testi affermano che esiste un diritto dello straniero (Dt 24,17 e 27,19). Lo straniero non può essere trattato come una persona senza diritti perché proveniente da altro luogo ed estraneo alla cultura locale. C'è un diritto dello straniero come c'è un diritto del povero, per la cui difesa Dio interviene. L'insistenza su questo diritto e il comando di "non lederlo" fanno pensare a quanto fosse facile calpestare il diritto dello straniero o persino di non riconoscergli alcun diritto. Chi "lede" il diritto dello straniero viene maledetto, cioè non partecipa alla benedizione divina, alla vita che viene da Dio.
Non ho citato un testo che forse è il più antico, quello di Es 22,20-23: 20 Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d'Egitto. 21 Non maltratterai la vedova o l'orfano. 22 Se tu lo maltratti, quando invocherà da me l'aiuto, io darò ascolto al suo grido, 23 la mia ira si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vostri figli orfani. Non si tratta di un’esortazione, ma di un comando che non lascia alternative. I verbi che si usano indicano una situazione di oppressione. Molestare si potrebbe rendere più fedelmente con trattare violentemente.
Ma la Bibbia sa che non basta appellarsi a un diritto superiore. Per questo cerca da una parte di venire incontro al bisogno materiale dello straniero, dall'altra di integrarlo nella comunità cittadina. Si deve fare di tutto perché lo straniero nei momenti di gioia non sia escluso dalla vita sociale, ma possa prendervi parte assieme ai membri della propria famiglia (Dt 16,1-8).
Esiste anche un bisogno materiale dello straniero. Il capitolo 24 propone una maniera concreta e accessibile a tutti coloro che possiedono anche solo un piccolo appezzamento di terra per rispondere al loro bisogno. Quando fai la mietitura, la bacchiatura degli ulivi o la vendemmia, non tornare a raccogliere quanto non hai raccolto la prima volta. Se è rimasto qualcosa lascialo per lo straniero, per l'orfano e per la vedova. Basta poco perché essi possano vivere. Bastano gli avanzi per mostrare almeno un po' di generosità verso coloro che non hanno.
Da dove viene il fondamento di questo diritto dello straniero? Il Deuteronomio dà due motivi concentrati ambedue nel capitolo 10. Il primo è il più forte, possiamo dire che è la fonte ultima del diritto: "Dio ama lo straniero e gli dà pane e vestito; amate dunque lo straniero…". È toccante questa frase, espressione dell'azione benevola e sollecita di Dio: "gli dà pane e vestito”. Cioè gli dà quanto è essenziale per ognuno. Dio non fa mancare il necessario a nessuno, al di là della sua appartenenza.
Dice il salmo 146: 7 rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati. Il Signore libera i prigionieri, 8 il Signore ridona la vista ai ciechi, il Signore rialza chi è caduto, il Signore ama i giusti, 9 il Signore protegge gli stranieri, egli sostiene l'orfano e la vedova, ma sconvolge le vie dei malvagi.
Quanta misericordia e benevolenza nell'amore di Dio! Non basta affermare un diritto, la Bibbia chiede di "amare", cioè di avere verso lo straniero lo stesso sentimento che si ha per il proprio familiare, per chi appartiene al proprio popolo, per evitare che diventi un nemico.
Un altro motivo che induce ad amare lo straniero è legato alla storia di Israele, all'amore che Dio ha manifestato al suo popolo: "perché siete stati stranieri nel paese d'Egitto". Una motivazione che si trova ben due volte negli altri testi: "ricorderai che sei stato schiavo nel paese d'Egitto". Dio ama lo straniero come ha amato Israele in Egitto liberandolo dalla schiavitù, perché la condizione dello straniero è la stessa di quella di Israele. Non ci sono confini né barriere etniche e culturali per l'amore di Dio. Esso è universale.
Bisogna dire, però, che questa apertura allo straniero non è senza contraddizioni. Negli stessi libri biblici c’è un’altra costante preoccupazione che riguarda la preservazione dell’identità di Israele: come mantenersi fedeli all’unico Dio e alle sue leggi in un mondo complesso e politeista.
Permangono così nel Deuteronomio, in modo quasi parallelo, due linee di tendenza, frutto di un problema comune a tutte le culture e ai popoli: come preservare la propria identità in un mondo multietnico e multireligioso?
Da una parte, il pericolo che lo straniero rappresenta per l’annacquamento della propria identità conduce alla contrapposizione con lo straniero, percepito come nemico, che diventa in taluni testi persino esigenza di eliminazione. Dall’altra si sente la necessità di una integrazione dello straniero nella comunità, pur non esigendo da lui l’assoluta osservanza di tutte le norme rituali. Il bisogno di integrazione si fonda sulla percezione dello straniero come un povero, quindi come qualcuno che necessita di aiuto, protezione e persino di amore. Nella quotidianità dei rapporti con lo straniero, la contraddizione permane.
Nel NT sembra risolversi alla radice la contraddizione perché viene eliminata l’idea stessa del nemico (cfr. Mt 5,43-48: 43Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. 44Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 46Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.).
Nello stesso tempo l’universalità della salvezza in Cristo crea un’unità di differenze non più contrapposte in cui nessuno più è straniero, ma tutti possiamo essere familiari di Dio (cfr. Ef 2,19: Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio).
Mentre costatiamo che in molte parti del mondo diminuisce la disponibilità a conservare la convivenza pacifica tra persone di cultura e religione diversa, dobbiamo ricorda che da secoli gli uomini aveva imparato a rispettare chi era di fede diversa, come in Medio Oriente. Dinanzi a persone violente, rovinate dal fanatismo religioso, c’è una sfida da raccogliere unendo tutte le forze della società, per spenderci a favore della pace tra religioni e culture.
La piccola esperienza dei corridoi umanitari, l’esperienza dell’associazione “Genti di pace” della Comunità di Sant’Egidio ci spingono a progettare in maniera intelligente e coraggiosa la convivenza di persone di religione, cultura e lingua diverse, se vogliamo continuare ad essere una società libera, aperta e pacifica. I muri che separano e rendono nemici, devono cadere.
Franco Mayer ( pastore valdese) “(Il SIGNORE) … che fa giustizia all'orfano e alla vedova, che ama lo straniero e gli dà pane e vestito” (Deut. 10.18)
Saluti e ringraziamenti
Spesso, trovandomi a parlare con persone che sanno che sono un pastore riformato, ministro di un culto diverso, mi viene posta una domanda: ma qual è la Vera religione?
Ebbene, sfido chiunque a dare una risposta più esaustiva di quella fornita dalle Scritture: "La religione pura e senza macchia davanti a Dio e Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni, e conservarsi puri dal mondo" (Gc 1,27).
Usando dei termini ricorrenti in questi tempi di crisi, possiamo dire che l'orfano e la vedova, insieme allo straniero, rappresentano le categorie disagiate delle Scritture.
Innumerevoli sono le citazioni di queste figure nell’AT, e tutte sono riferite alla necessità dell’accoglienza e della solidarietà da parte di Israele.
Osserviamo ad es. il carattere umanitario di Dt 24,19-20: “ Se, mietendo il tuo campo, vi avrai dimenticato qualche covone, non tornerai indietro a prenderlo; sarà per lo straniero, per l'orfano e per la vedova, affinché il SIGNORE, il tuo Dio, ti benedica in tutta l'opera delle tue mani” … “Quando scoterai i tuoi ulivi, non tornerai per ripassare i rami. Le olive rimaste saranno per lo straniero, per l'orfano e per la vedova”.
Non a caso YHWH, nel v. guida di oggi, YHWH ci mette la faccia. La sua presa di posizione, ci interroga e ci inquieta.
Pare sentire la voce dell’Eterno che ci dice: “Chi sei tu, uomo piccolo e limitato, che non agisci con misericordia verso il tuo fratello più sfortunato, più bisognoso?”.
Soccorrere chi è nello stato di bisogno diventa dunque una priorità nel credente, e se torniamo alla affermazione di Giacomo con la quale abbiamo esordito, il pensiero a subito a Isaia 1 11,17:
11 «Che m'importa dei vostri numerosi sacrifici?», dice il SIGNORE;
«io sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di bestie ingrassate;
il sangue dei tori, degli agnelli e dei capri,
io non lo gradisco.
12 Quando venite a presentarvi davanti a me,
chi vi ha chiesto di contaminare i miei cortili?
13 Smettete di portare offerte inutili;
15 Quando stendete le mani, distolgo gli occhi da voi;
anche quando moltiplicate le preghiere, io non ascolto;
le vostre mani sono piene di sangue.
16 Lavatevi, purificatevi,
17 imparate a fare il bene; cercate la giustizia,
rialzate l'oppresso, fate giustizia all'orfano, difendete la causa della vedova!
Queste parole ci a riflettere sul modo in cui viviamo la nostra fede…. la nostra (?) è una vita di fede fatta di enunciazioni e riti o di azioni concrete che testimonino il cambiamento che c’è stato in noi con l’avvento della Grazia?
Gesù stesso ci ha lasciato la testimonianza che l’annuncio del Regno di Dio debba essere accompagnato da fatti e non realizzato solo a parole.
Questa sera, guarda caso, per sviluppare la riflessione intorno a queste tematiche, ho scelto un episodio notissimo dal vangelo di Luca: la risurrezione del figlio della vedova di Nain (v. Luca 7, 11-17).
GESÙ’, LE VEDOVE E GLI ORFANI.
Nei suoi itinerari intorno alla Galilea, Gesù si trovò appunto nella condizione di soccorrere una vedova ed un orfano.
Gesù, col suo seguito, si trova alle porte della città di Nain e si rende conto che si portava a sepoltura era figlio unico di una vedova.
Stando ai pregiudizi religiosi del tempo (dottrina della prosperità) quella donna era considerata una reietta da Dio: in Israele, per una donna, rimanere vedova era considerata una maledizione tale da essere messi al bando.
Essendo rimasta vedova da giovane, quella donna poteva essere tristemente considerata un “monumento dell’emarginazione”, con l’ulteriore aggravante che la morte di quel figlio rappresentava non solo la fine del suo unico sostegno per il presente, ma la perdita della sua unica speranza per un futuro dignitoso, del suo l’unico interesse ed amore reale.
Nella sua concisione, Luca ci dice: “Il Signore, vedutala, ebbe pietà di lei e le disse: «Non piangere!»”.
Gesù sapeva cosa fare.
Nel suo agire si sente l’eco di Ex 3,7 in cui YHWH “sente il lamento del suo popolo” e interviene. Non a caso Luca arditamente indica Gesù come il Signore, ADONAI. Infatti, Gesù opera verso la donna con le compassioni di YHWH ed agisce senza conformarsi al pensiero religioso corrente. Gesù non si fa frenare dai pregiudizi, perché in Lui la carità prevale su tutto.
Con il suo intervento Gesù dimostra attenzione e compassioni per la vedova e per l’orfano…. due categorie disagiate delle Scritture.
Il suo intervento è risolutivo sotto diversi aspetti: cosmico:
• ristabilisce una sorte di naturale: sono i figli che secondo logica debbono portare i genitori a sepoltura:
• riabilita la donna Av livello sociale. La presunta maledizione è stata spezzata.
Ecco dunque questo episodio come vede schierato Gesù dalla parte della vedova e dell’orfano.
A questo punto qualcuno mi chiederà …e lo Straniero???
GESÙ’ E GLI STRANIERI
Quale era la posizione di Gesù a riguardo?
Innanzitutto VA FATTA UNA PREMESSA: va detto che in Israele, da sempre, lo straniero era considerato IL NEMICO per antonomasia….perché?
Perché lo straniero era visto come nemico di YHWH, per eccellenza, in quanto mancante del timore di Dio, come sintetizza il salmista: «Ricordati che il nemico ha oltraggiato il SIGNORE e che un popolo stolto ha disprezzato il tuo nome (Ps 74,18)».
Dunque, le Scritture dell’antico Israele testimoniano una tensione (che definirei tensione tra il pensiero umano e pensiero divino):
• da un lato ci presentano un YHWH che raccomandava largamente l’accoglienza dello straniero (come nel nostro versetto guida e tutti i suoi paralleli),
• dall’altro ci propongono Israele, immemore del suo essere stato straniero in terra straniera «Mio padre era un Arameo errante; scese in Egitto, vi stette come straniero (De 26,5b). Dunque, un Israele non solo immemore, ma anche fortemente ostile verso i popoli stranieri a causa della loro empietà di cui sopra: «SIGNORE, non odio forse quelli che ti odiano? E non detesto quelli che insorgono contro di te? Io li odio di un odio perfetto; li considero miei nemici (Ps 139, 21s)».
Israele, dunque, considerava lo straniero un nemico a prescindere da tutto.
Tornando ai tempi di Gesù, le attese messianiche vedevano il Messia come un liberatore a 360°, come testimoniano le parole di Zaccaria in Lc 1, 69ss: «(Il Signore) ci ha suscitato un potente Salvatore nella casa di Davide suo servo, come aveva promesso da tempo per bocca dei suoi profeti; uno che ci salverà dai nostri nemici e dalle mani di tutti quelli che ci odiano».
Ma i vangeli quale testimonianza trasmettono della posizione di Gesù verso gli stranieri?
Gesù si dimostrò accogliente con gli stranieri,
• quando non si scandalizzò davanti alla richiesta di udienza dei Greci (Gv 12,22);
• nel colloquio con la donna cananea (Mc 7, 24, ss/Mt 15,21ss) o Sirofenicia;
• quando non disdegnava di attraversare territori pagani come Tiro, Sidone e la Decapoli (v.Mc 7) o la Samaria (Gv 4,4s) e di operare miracoli in quei territori;
• quando guarì il servo del centurione da Cafarnao (Mt 8,5ss).
• a proposito di Centurione, prende una grossa valenza teologica in Mc 15,39 e par. il fatto che alla sua morte di croce, è uno straniero (un centurione) a dichiarare: «Veramente, quest'uomo era Figlio di Dio!».
GESÙ’ E I SAMARITANI
Una riflessione a parte la merita il rapporto di Gesù con i Samaritani, un rapporto così articolato che per ingiuriarlo, i Farisei lo additarono, appunto come Samaritano: “I Giudei gli risposero: «Non diciamo noi con ragione che sei un Samaritano e che hai un demonio?» (Gv 8,48).
In effetti, come testimonia l’evangelista Giovanni i Samaritani non avevano relazioni con Israele (Gv 4,9c). Al tempo di Gesù, l'ostilità fra Giudei e Samaritani era viva: i Samaritani venivano considerati scismatici, se non veri e propri pagani, e Gesù stesso (Mt 10,5) proibisce ai suoi discepoli di predicare in città samaritane, a causa delle ostilità cui sarebbero andati incontro. Probabilmente questa indicazione fu data per motivi di opportunità, ma nei fatti Gesù non dimostrò alcuna avversione verso di loro, anzi:
• E’ ad una donna (!!!!) samaritana a cui rivela di essere il messia atteso (Gv 4, 25s)
• Nella parabola dl Buon Samaritano contrappone la pietas di uno straniero alla aridità dei religiosi del suo tempo (Lc 10, 30ss);
• Nel caso di un miracolo di guarigione multipla di lebbrosi, è unicamente un Samaritano che gli esprime riconoscenza (Lc 17, 11ss).
Dunque, stando alle testimonianze dei Vangeli, possiamo affermare che dal piano salvifico di Gesù non erano esclusi gli stranieri. Credo sia opportuno ricordare come pure stranieri erano i Magi d’oriente che adorarono un Dio che non conoscevano (v. Mt 2,11).
GLI STRANIERI NEGLI ALTRI TESTI DEL NT
Anche in altri testi del NT troviamo l’abbattimento delle frontiere per gli Stranieri:
• Atti 10: Pietro è inviato ad evangelizzare un straniero, il Centurione Cornelio. A seguito della conversione di questi e della sua famiglia si verifica l’effusione dello Spirito santo su tutti i presenti, creando una sorta di sconcerto generale: “E tutti i credenti circoncisi, che erano venuti con Pietro, si meravigliarono che il dono dello Spirito Santo fosse dato anche agli stranieri, 46 perché li udivano parlare in altre lingue e glorificare Dio (v.45), tanto che Pietro non potette fare altro che impartire loro il Battesimo (v. 48) innestandoli nel novello Israele. E’ importante evidenziare come in questa sorta di accoglienza dello Straniero lo Spirito ne rimarchi la dimensione trinitaria: nell’AT YHWH esorta, nel NT Gesù la pratica nei fatti e lo Spirito la conferma.
• Negli scritti apostolici spesso ricorre il motivo dell’accoglienza e dell’assimilazione dello straniero, non volendo fare una lunga enumerazione mi limito a due citazioni dalla Lettera San Paolo ai Romani: (Rm 1,16) “ Infatti non mi vergogno del vangelo; perché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede; del Giudeo prima e poi del Greco”. (Rm 10,12) “Poiché non c'è distinzione tra Giudeo e Greco, essendo egli lo stesso Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano”. Dunque, tutta la testimonianza del NT può essere mirabilmente rinchiusa in queste parole di Pietro in At 10,45: “Allora Pietro, cominciando a parlare, disse: «In verità comprendo che Dio non ha riguardi personali; 35 ma che in qualunque nazione chi lo teme e opera giustamente gli è gradito»”.
ATTUALIZZAZIONE
Mi sia consentita una brevissima appendice di attualizzazione: in questi tempi di crisi d più parti spesso si sbandierano a sproposito le cosiddette “radici cristiane d’Europa”. Ebbene, in una situazione politico sociale dove le classi meno abbienti sono sempre più schiacciate dalle lobby economico finanziare e dove il profugo, lo straniero sono considerati nemici e carne da sfruttare, sia opportuna una forte presa di posizione da parte dei cristiani di tutte le denominazioni affinché le frontiere (specialmente quelle del cuore) restino aperti. Osteggiare persone che bussano alle porte della culla della Cristianità occidentale e magari ricacciarle nell’inferno da cui tentano di salvarsi è immorale…. Sono peccati che “gridano vendetta al cospetto di Dio”…. GRAZIE.